
Ho fatto un viaggio in treno, in un vagone open space.
Accanto a me, una signora ci ha allietato per quattro ore spiegando a un'amica (via cellulare) come avrebbe gestito un affare minuto di conflitto condominiale. La quale doveva essere un po' limitata se dopo quattro ore non aveva capito quello che tutti nel treno avevamo capito. Era sempre la stessa storia, le stesse parole, in fondo non c'era storia. Accanto, quattro ragazzi, due giovincelli scherzosi di Napoli e due fanciulle pistoiesi. Si erano appena conosciuti. Anche noi li abbiamo conosciuti: sapevamo tutto di loro, "storie", vicende familiari, emozioni. Nel giro di mezz'ora, uno spiegava all'altra perché doveva piantare il fidanzato, che cosa non funzionav

I loro sedili si stagliavano come troni, il tronismo imperava. Anch'io avrei potuto entrare in gara, magari "provarci", con una delle due, magari con uno dei due. Con tutti assieme. Alla faccia del "porco" Dopo un po' soffrivo di agorafobia, nel senso opposto, rifiuto di mettere tutto in piazza.
Di fronte a me, una ragazza di sedici anni, milanese e una donna sulla quarantina, di Bologna. Viaggiavano assieme, ridevano, scherzavano, parlavano, piano, senza disturbare, tacevano, pensavano, comunicavano. In quattro ore non ho capito la trama delle loro vite, che cosa le teneva insieme. Però "c'era qualcosa", quello che non ho capito, che non aveva bisogno di rumori eccessivi. Ed evidentemente loro si capivano al volo. Maria De Filippi vs. Agatha Christie.